(Pubblicato in « Corrispondenza Repubblicana », 19 novembre 1943)
di Anonimo
L'antagonismo prodottosi fra il marchese Badoglio e il conte Sforza, e rispettivi seguaci, non ci interessa affatto per se stesso, poiché ritroveremo i due litiganti accomunati nel medesimo tragico destino che li attende. La loro lite ci interessa invece per quelle manifestazioni nelle quali le due parti si equivalgono in ignominia.
Infatti, ciò che meglio ne caratterizza la identità nel tradimento antinazionale, è la gara di rinunciatarismo che stanno disputando sulla pelle della Patria. Dall'ordine del giorno del Comando delle bande jugoslave in ritirata apprendemmo che esse non poterono tenere Gorizia e impadronirsi di Trieste perché le forze militari italiane non obbeclirono all'ordine eli Badoglio per la cooperazione contro i fascisti e contro i tedeschi e cioè per la consegna della Venezia Giulia agli slavi.
Per la loquacità intervistaiola, lo stesso ex-maresciallo ci ha informati che non esiste alcuna aspirazione italiana in contrasto con gli interessi della plutocrazia anglosassone, essendo state inventate dalla stampa fascista le questioni per le quali l'Italia entrò in guerra contro la Francia e la Gran Bretagna.
Dunque, Garibaldi, Mazzini, e tanti altri spiriti magni del patriottismo italiano, che dell'italianità di Nizza, della Corsica e di Malta, e della colonizzazione in Tunisia e della liberazione delle vie eli traffico del Mediterraneo con altri mari, fecero ragione eli rivenclicazioni per il Risorgimento nazionale, e anche quegli insigni stranieri, come il nordamericano Lincoln, che si associarono a quei voti, non meritano fede e vanno considerati come scribivendoli del giornalismo fascista. Cosi, dopo la_rinuncia di Vittorio Emanuele non solo al titolo eli imperatore d'Etiopia, ma anche a quello di re d'Albania, come zavorra che tuttavia non lo salverà dalla punizione della definitiva abdicazione, per sé e successori, al titolo di re d'Italia, il suo degno capo di Governo, marchese di Caporetto, fa rinuncia di ogni futura aspirazione della redenzione del Mediterraneo e delle terre italiane ancora soggette a dominio straniero.
E veniamo al conte Sforza, che deturpa con la sua esistenza un nome glorioso nella storia d'Italia.
Egli credeva a buon diritto di essere il campione massimo dei rinunciatari ed è legittimamente insorto contro la concorrenza che gli fanno Badoglio e i Savoia per il possesso dell'ignobile titolo. Perciò ha dichiarato a sua volta, in una intervista, che l'Italia deve restituire non solo l'Albania, la quale, come è noto, dovrà essere spartita fra una Grecia e una Jugoslavia vassalle della plutocrazia anglosassone, Stalin permettendo, ma anche il Dodecanneso; in aggiunta, s'intende, a tutto quello che è già stato rinunziato da Badoglio. Nessun italiano sarà tanto balordamente ingenuo da ritenere che la prodigalità rinunciataria di costoro sia effetto di una ideologia, fosse pure utopistica, per la collaborazione pacifica fra i popoli, da realizzare anche a costo di sacrifici nazionali, territoriali e di prestigio. Poiché anche alla ingenuità più cieca non può sfuggire la questione essenziale, e cioè che se la collaborazione pacifica esige dai popoli sacrifici e rinunce, i primi a dare il buon esempio dovrebbero essere non i Paesi nazionalmente mutilati e privi di possessi, ma piuttosto quegli altri, il cui dominio si estende su tre quarti del mondo, su tutti i mari navigabili e su quasi tutte le ricchezze messe dalla Divina Provvidenza a disposizione dell'umanità.
Ma gli antifascisti vogliono ridurre l'Italia a fare il sacrificio di Origene e altri sacrifici ancora, non per un nuovo ordinamento nazionale basato sulla giustizia internazionale e sulla reciprocità dei diritti e dei doveri, bensl per avvantaggiarne gli imperialismi plutocratici, che sono già tanto superlativamente favoriti, nello sfruttamento di tutti gli altri popoli. Ammettiamo pure che fare l'opposto del fascismo sia la. logica politica dell'antifascismo .. Però quando si comincia col rinnegare la lotta antisanzionista provvedendo, subito dopo rapito Mussolini, dal 26 luglio, a far frantumare le lapidi commemorative delle « inique sanzioni » e si finisce, nel settembre, con lo schierarsi contro i nemici dei sanzionisti, e col cedere a titolo gratuito, a spese della nazione, anche le sue più legittime posizioni e aspirazioni, evidentemente si entra nel campo di un'altra politica: quella della sterlina e del dollaro.