(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 8 dicembre 1936)
di Scrittore fascista
Attraverso le sue tre civiltà, l'Italia è stata essenzialmente rurale. Dalla terra la stirpe ha attinto nei millenni le energie della vita e le risorse dell'autonomia. Sin da quando Roma consolare e imperiale fondava le colonie di legionari, la floridezza nazionale coincise sempre con lo sviluppo agricolo. Parallelamente la decadenza politica fu sempre accompagnata, o preceduta, dalla decadenza dell'agricoltura.
Il regime fascista, riprendendo le vie dell'antica grandezza, ha rinsaldato la moralità della vita rurale, ha ridato prestigio agli uomini dei campi, ha posto l'agricoltura come base di ascesa. Le direttive rurali del Duce sono ispirate da ragioni storiche, il cui valore sarà vivo e operante anche nelle generazioni avvenire.
1. - Le risorse della terra sono innanzitutto condizione di libertà e forza di indipendenza. Il sobrio e frugale italiano, quando è sicuro del pane, è sicuro della vita, e, come si è visto, può tener fronte anche a mostruose coalizioni. La terra non abbandona mai chi le è fedele.
2. - La vita dei campi è vita di sanità fisica e spirituale. L'ossigeno e le radiazioni solari rendono resistente il corpo. Nella ruralità la famiglia ha le condizioni più propizie per la sicurezza e per lo svi ·luppo. Mentre la civiltà industriale e urbanistica sottrae la donna al focolare e ai figli, la ruralità fa della donna la regina della casa e della famiglia. In tutti i centri toccati dalla decadenza della civiltà industriale e urbanistica, le bare superano le culle, la moralità decade e la razza insenilisce. La forza demografica dell'Italia è ancora e sempre nelle campagne.
3. - Nell'agricoltura e nei provvedimenti che disciplinano la vita rurale, dalla battaglia del grano alla legge sugli ammassi, l'Italia ha conseguito brillanti primati. La genialità italiana si è affermata anche in questo campo, precisamente nel periodo di più aspre difficoltà, mentre l'agricoltura in tutti gli Stati e in tutti i continenti era depressa e umiliata da una inesorabile crisi. Altrove i prezzi del mercato granario non rimunerano le fatiche e a stento compensano le spese. L'agricoltore italiano invece è sicuro di un prezzo rimunerativo, è emancipato dalla schiavitù della speculazione, è sottratto alle fluttuazioni del mercato. L'Italia ha sviluppato le sementi elette, che fanno testo all'estero ed alimentano una esportazione pregiata.
4. - Popolo di audaci pionieri e di intelligenti agricoltori, l'italiano inizia nel primo anno dell'impero la redenzione agricola dell'Etiopia. Pochi altri popoli al mondo ayrebbero avuto la spinta vitale per affrontare l'inÌmane fatica di aprire a forza di braccia migliaia di chilometri di strade sotto il sole tropicale e per dissodare terre barbariche, a quattromila e ottomila chilometri dalla madrepatria. Questa spinta vitale è un titolo di primato, un brevetto di giovinezza e un orgoglio della stirpe.
Nelle cosiddette grandi democrazie i disoccupati vivono di indolenza e di sussidi all'ombra di stabilimenti deserti, rifiutando di colonizzare gli imperi accaparrati, e la borghesia paga il tributo annuo ai disoccupati per ottenere una quiete sociale che è stasi e decadenza.
Il fascismo, che è giovinezza, che è fede nella vita e gioia di lavoro, affronta nella colonizzazione d'Etiopia l'impresa più gigantesca del nostro periodo, impresa che sarà di generazioni e costituirà; malgrado Ginevra, un titolo d'orgoglio nella storia.