(Pubblicato in « Corrispondenza Repubblicana », 17 aprile 1944)
di Benito Mussolini
Con l'assassinio di Giovanni Gentile è stato completato il quadro. Ogni categoria sociale è infatti rappresentata nell'ormai troppo lunga lista, dal bambino seienne al laborioso operaio, dallo squadrista fedele alla giovane recluta, dal silenzioso milite all'ardente ufficiale della Decima Mas, dal prete patriota al capace federale, tutti sono caduti sotto il piombo dei sicari venduti al nemico. È quindi giunto il momento di gridare un solenne « basta! » a tali scempi e di dir qualche parola chiara agli italiani di qua e oltre il Garigliano. Innanzi tutto che questo spargimento di sangue deve assolutamente cessare, deve finire questa anarchia, deve essere combattuta e stroncata e i colpevoli giustiziati senza pietà.
Il solito benpensante potrebbe chiederci come mai nell'Italia invasa non succedano simili episodi. È facile rispondere: anche ai fascisti costerebbe poco prezzolare dei sicari per uccidere Sforza o il carabiniere che presta servizio lungo la linea ferroviaria Bari-Brindisi o il commissario per la Sicilia Musotto, padre di un eroico marinaio, ma non è nostro costume armare la mano a degli italiani per uccidere vigliaccamente alle spalle altri italiani. Noi non ci sentiamo nemici fino a tale punto dei napoletani e dei baresi che fanno il loro dovere pur di assicurare un po' d'ordine, pur di alleviare col lavoro le già molte sofferenze del popolo italiano. Noi non siamo antitaliani. Perché non è più ormai questione di fascismo: Giovanni Gentile non è stato ucciso soltanto perché era fascista; egli è stato assassinato perché italiano, e il suo assassino non è un patriota italiano.
È ora che il popolo italiano smetta di credere che le nazioni « alleate » facciano la guerra al fascismo, a quel fascismo che del resto esse dichiarano defunto e sepolto: esse fanno la guerra e basta, e tutto il resto è sistema, è propaganda, è furba mossa politica.
Erano fascisti le alcune migliaia di morti di Treviso? Del resto, l'infausto mese d'agosto del 1943 può far meditare. Al Governo c'era Badoglio, e i fascisti in carcere; pur tuttavia i bombardamenti ebbero un ritmo sanguinoso mai prima di allora provato.
Si vuoi vincere l'Italia, ecco tutto, e averla creduta schiava e dover invece assistere alla sua rinascita riesce sommamente sgradito a chi si avvicina al sesto anno di guerra e sa ormai che non ci sarà più la conclamata sonante vittoria come gli alleati proclamavano.
L'Italia soffre già le pene dell'inferno senza bisogno che gli italiani si scannino tra di loro, specie quando questa lotta non torna a loro vantaggio ma a quello dello straniero.
Quando la nave dove siamo noi tutti corre serio pericolo di affondare, è ragionevole che l'equipaggio, invece di unirsi per salvare il salvabile ed evitare l'affondamento, litighi per il possesso delle scialuppe di salvataggio e lasci cosi tutto andare a mare?
Lasciatevelo dire, o voi che ci ascoltate; l'unica scialuppa di salvataggio che vi rimane è quella che porta il nome di Mussolini. Egli ci ha salvati una volta; perché non credere o almeno sperare che possa egli salvarci una seconda?
Taluno di voi afferma o pensa che la guerra non si può più vincere e che è stato un errore o una colpa averla dichiarata. Ci sono mille argomenti validi, anche di estrema attualità, per dimostrarvi che la guerra non si poteva evitare. Ma, pur concedendovi di dire che, a causa del tradimento, si è persa la guerra monarchica, perché non credere si possa impattare o addirittura vincere la guerra repubblicana, quella del popolo? Solo Mussolini, dopo secoli di smembramento, aveva fornito di vertebre l'Italia. Dal 25 luglio la nazione appartiene di nuovo all'ordine degli invertebrati, degli esseri privi di spina dorsale. Convincetevi che l'unico in Italia che può tener testa e trattare da pari a pari con Hitler, Churchill, Roosevelt, Stalin è ancora e solo Mussolini, non certo il Savoia e il Badoglio, pupazzi tenuti in piedi per gioco politico. Se per ora la stampa alleata non li ricopre eccessivamente di insulti, è indubitato che il giudizio dello storico britannico o neutrale sui due messeri non sarà certo benigno. Badoglio e Savoia saranno sinonimi di traditori; e fosse solo questo, ma gli è che ci andrà di mezzo il popolo italiano, ciascuno di noi, e ci sarà sputato addosso, come è avvenuto e avviene, da tutte le lingue il veleno disonorante del disprezzo. Il colpo a tradimento vibrato soprattutto al popolo italiano 1'8 settembre era mortale; solo la presenza di Mussolini ha evitato che il pugnale arrivasse fino al cuore. Non è un mistero per nessuno sapere che cosa sarebbe successo senza di lui. Sarebbero cessati i bombardamenti? No. Sarebbe finita questa che fu definita ed è oggi guerra « martirio »? No. Tedeschi e inglesi lotterebbero come ora. È vero che il Governo della Repubblica Sociale chiama le classi sotto le armi (anche Badoglio lo ha fatto), impone nuove leggi e le fa rispettare, con la forza, se occorre, condanna i cittadini colpevoli di delitti verso la Patria. Ma vuole il popolo italiano convincersi che non è tempo, mentre tutto il mondo è sossopra, di starsene alla finestra?
Non valgono considerazioni di partito, perché oggi ogni italiano degno di questo nome non può avere altro programma che salvare l'Italia dalla definitiva catastrofe. Ma gli altri partiti hanno l'uomo? I vecchi e i nuovi debuttanti nel teatro partenopeo non escono dal compromesso e la loro azione è viziata all'origine da una pregiudiziale, che, unica, li tiene insieme: l'antifascismo. Essi sì fanno forti dell'ipotetica certezza che sono dalla parte del vincitore; ma questo è tutt'altro che deciso. Questa è la guerra dell'imprevisto e dell'imprevedibile.
Italiani, basta. Chi uccide un fascista, uccide un italiano, quindi è un nemico dell'Italia. Collaborate invece con chi cerca di riedificare la casa comune, e lavorate con coscienza e alacre impegno. Voi giovani presentatevi alle caserme, non costringete le autorità a dover spargere altro sangue. Che cosa temete? Meglio sopportare la disciplina militare che continuare a vivere tappati in casa o addirittura sui monti come i briganti di una volta. Cosi facendo non vi ammantate certo di gloria, ma siete soltanto dei banditi o degli stupidi. Voi operai, o braccianti, pensate al lavoro, qui o altrove, senza preoccuparvi se sia lavoro fascista o nazionalsocialista, ma che sia lavoro, soltanto lavoro, e per questo non avrete mai nessuna noia o rappresaglia. Voi, cosiddetti borghesi, ascoltate meno radio Londra e di più il vostro cuore italiano, che, siatene sicuri, non vi tradirà.
Oggi siamo in ballo, e recriminare non giova a nulla. Con la collaborazione dei veri italiani di qui o di oltre Garigliano, noi vogliamo rallentare il tempo; da agitato ad andantino con moto, magari con brio, ma senza coltelli che si piantino all'improvviso nella schiena troncando la vita a dei purissimi italiani, che altro non vogliono all'infuori di quello che i migliori e i combattenti tutti vogliono: salvare l'onore, l'indipendenza e l'avvenire della Patria.