Saturday, 3 March 2012

Discorso alla Camera, 16 maggio 1925

Contro la Massoneria

di Benito Mussolini

Nella mia qualità di presentatore di questo disegno di legge e dopo il discorso brillante dell'amico e collega Rocco, mi limito a dichiarazioni brevissime. Intanto io approvo che questa assemblea discuta con concisione i disegni di legge che le vengono presentati; segno che essi rispondono ad un bisogno sentito dalle coscienze.

Coloro fra voi che sono un poco al corrente della storia politica di questi ultimi quindici anni troveranno nel fatto che io abbia presentato questo disegno di legge la riprova della coerenza fondamentale della mia vita. Quando io fascista militavo nel partito socialista italiano — parlo di quindici anni fa — ebbi l'avventura di fare un'esperienza politica di primo ordine, che mi ha molto giovato nel seguito. Anche allora io credevo poco alla democrazia, al liberalismo e agli immortali principi. Anche allora pensavo che la penna è un grande strumento, ma che la spada, la quale a un certo momento taglia i nodi, è uno strumento migliore.

Facendo inorridire i sedentari del socialismo di allora, che sono quelli di oggi, io patrocinavo nettamente la necessità di un urto insurrezionale che avesse dato alle masse operaie il senso della tragedia. Fu quello l'ultimo sussulto di giovinezza del partito socialista italiano. Esso non si è rialzato più. Dopo la guerra ha avuto un momento di elefantiasi, ma non era uno sviluppo fisiologico, era della patologia sociale.

E sin da allora mi accorsi che la Massoneria aveva una certa influenza sul socialismo italiano. Accadeva che certi atteggiamenti del gruppo parlamentare, di certi giornali e di certe sezioni fossero il risultato di patteggiamenti che avevano luogo nelle logge. Il fenomeno sotterraneo aveva proporzioni così imponenti che al Congresso di Ancona si decise di mettere la questione della Massoneria all'ordine del giorno. Ci fu tra me e il compianto Raimondo quello che si dice un duello oratorio, e il partito socialista proclamò quasi all'unanimità la incompatibilità fra Massoneria e partito.

Poi venne la guerra. Anche la Massoneria è uscita un poco stroncata dalla guerra come tutte le organizzazioni a fondo internazionale. Durante questi mesi di governo ho fatto un'altra esperienza ed ho constatato che la Massoneria ha dislocato i suoi uomini in quelli che io chiamo i gangli nervosi della vita italiana. È enorme che dei funzionari di altissimo grado frequentino le logge, informino le logge, prendano ordini dalle logge.

Non vi è dubbio che le istituzioni più gelose dello Stato, quelle che amministrano la giustizia, quelle che educano le nuove generazioni e quelle che rappresentano le forze armate che devono essere ad ogni momento pronte alla difesa della Patria, hanno subito e subiscono con alterna vicenda la influenza della Massoneria. Ciò è inammissibile, ciò deve finire.

Io credo che con questa legge, la Massoneria, che io definii un'altra volta un paravento e che non è una montagna come sembra vista di lontano ma piuttosto una vescica che bisogna ad un certo momento bucare, mostrerà quello che è: una sopravvivenza che non ha più una ragione decente di esistere nel secolo attuale.

Poi, o signori, c'è una ragione molto più forte per me — spirito di contadino e me ne vanto — ed è questa: bisogna fare il massimo del bene agli amici ed il massimo del male ai nemici. Questa massima non è di un fascista squadrista dell'ultima o della prima ora, questa è di Socrate. Ora siccome la Massoneria ci ha combattuto, ci ha vessato, ha tentato di dividerci e disgregarci e in certe città è riuscita a creare un dissidentismo più idiota del solito perché aveva queste origini subacquee, per tutte queste ragioni se non ce ne fossero altre, noi siamo nel nostro pieno e sacrosanto diritto di difenderci e di offendere, perché, come voi mi insegnate, spesso la migliore difesa è l'offesa.

Adesso vediamo piangere come vitelli i soliti zelatori della libertà. Ci dicono: questa legge è inutile, perché sarà elusa. Siccome tutte le leggi sono eludibili allora non si dovrebbero fare più leggi e siccome sono eludibili anche le leggi del passato, allora bisognerebbe distruggere tutto l'edificio legislativo.

Le leggi sono degli strumenti e la loro efficacia è in relazione diretta con l'energia e la tenacia di coloro che questi strumenti impugnano. Quindi io sono sicuro che questa legge darà dei risultati. Intanto è un gesto di coraggio. Ieri forse siamo andati con la corrente, ma oggi andiamo energicamente contro corrente.

Qui è l'essenziale. Non ho nemmeno eccessive preoccupazioni per le congiure internazionali. Il male che ci poteva fare questo disegno di legge già ce lo ha fatto. Lo abbiamo già scontato e del resto non credo che i massoni d'oltre alpe e d'oltre mare rinunceranno alla difesa dei loro interessi semplicemente per danneggiare sul terreno morale e politico l'Italia. Ci potrà essere una rappresaglia ma non sarà profonda e non ci potrà danneggiare.

Signori, siamo nel secolo della Vittoria, siamo una nuova generazione. Anche prima della guerra noi abbiamo sentito la nausea e il disgusto di questa Italia dal piede di casa, di questa Italia tutta concentrata in una piccola politica d'ordine parlamentare, di questa Italia che era dominata da uomini mediocri, che diventavano imponenti semplicemente perché appartenevano alla Massoneria, l'Italia di ieri, dove si poteva stabilire un ridicolo raffronto fra il sindaco della capitale e l'Uomo che sta al Vaticano. Noi siamo lontani con lo spirito da tutto ciò. Qui è il segno della nostra giovinezza, qui il segno del nostro coraggio, qui la certezza del nostro avvenire.