(Pubblicato in « Corrispondenza Repubblicana », 16 ottobre 1944)
di Benito Mussolini
Radio Bari, prendendo lo spunto da recenti accenni di Churchill alla politica italiana e dando alle parole del primo ministro britannico una interpretazione abbastanza divertente, annunzia ai suoi ascoltatori che l'Italia, « per quanto finora soggetta alle clausole dell'armistizio, può considerare prossima la fine dell'isolamento in cui fu rinchiusa dalla stolta politica del fascismo ». Ecco un'originale notizia che farebbe ridere, se non facesse meditare sul grado di abbrutimento intellettuale e morale nel quale si sono ridotti taluni italiani.
Continua l'inversione di valori e di termini inventata da radio Londra per mettere a soqquadro il cervello degli ascoltatori, per cui l'invasore diventa liberatore, e chi vuole la Patria grande, forte e rispettata non è più un patriota, ma un traditore; e colui che l'uccide proditoriamente è, invece, il vero patriota e l'eroe. Così la politica di affermazione nazionale e di avvaloramento di tutte le nostre posizioni spirituali, militari ed economiche attuata nei venti anni di regime fascista diventa per la radio di Bari la « stolta politica di isolamento del fascismo ».
Dal punto di vista ideologico, l'Italia fascista era isolata dal mondo anglosassone e da quello sovietico. Ciò non poteva interessarla né punto né poco, essendo appunto sorta in opposizione al Giano bifronte del materialismo: plutocrazia e comunismo. In compenso l'Italia fascista aveva varcato i confini della penisola e attecchito in molti altri Paesi, suscitandovi movimenti politici affini a quello italiano, ma con caratteristiche storiche e spirituali ambientali. La Germania, la Spagna, il Portogallo, la Romania si allinearono sul fronte ideale di opposizione contro la plutocrazia e il comunismo. Altri Paesi, come la Polonia e il Brasile, si mettevano, con qualche incertezza, sulla stessa strada; in tutti gli altri Paesi, Inghilterra compresa, movimenti similari al fascismo nascevano e guadagnavano terreno, con particolare successo nel Belgio e in Olanda. Dunque l'Italia stendeva sull'Europa, e non soltanto sull'Europa, una fitta rete di interessi ideali, di cui essa era il centro irradiatore. Per la prima volta, nel mondo moderno l'Italia aveva una sua parola da dire, donava all'umanità una sua dottrina, un credo, uno stile di vita, un concetto compiutamente perfetto di individualità, socialità e nazionalità.
È poi esatto affermare che l'Italia fosse isolata? Vediamo. L'Italia mussoliniana inaugurò la sua politica, riattivando le relazioni con i grandi alleati della prima guerra mondiale su un piano di dignità che l'Italia liberale democratica non aveva mai conosciuto. La riattivò con piena consapevolezza dei propri interessi sacrificati a Versaglia e la ferma volontà di rivendicarne il rispetto; ma non si irrigidì in un cieco egoismo nazionale: a partire dalle prime mosse, e poi sempre, con una coerenza che non deviò mai, sino alla vigilia del presente conflitto, segui una linea di condotta che mirava ad un assetto pacifico e fiducioso della convivenza europea.
Le tappe di questa politica, ispirata ad una visione superiore dei rapporti internazionali e fondata su un concetto veramente moderno e attuale di giustizia tra i popoli, sono presenti alla mente di tutti: il riconoscimento dell'U.R.S.S. (l'Italia fascista precedé tutte le nazioni del mondo nel riconoscimento diplomatico dei sovieti), Locarno, il Patto a quattro, Stresa, Monaco. Si può chiamare isolata una nazione che per venti anni è stata il centro diplomatico più vivo e attivo di Europa, una fucina di trattative e di accordi, un vivaio di iniziative politiche inesauribile?
Inoltre l'Italia fascista provvide anche a rompere il proprio isolamento geografico assicurandosi prima il possesso integrale ed effettivo della Libia, che portò le nostre bandiere fino all'estremo sud dei suoi confini sahariani, poi conquistando l'Etiopia, la quale, unificata con gli antichi possedimenti dell'Eritrea e della Somalia, costitui un grande impero coloniale nel cuore dell'Africa, a cavallo del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano. L'Impero aveva la duplice funzione di sbocco alla nostra potenza demografica e di miniera di molte materie prime occorrenti alla nostra industria e di alcuni prodotti tropicali ugualmente utili all'industria e all'alimentazione.
Adesso da radio Bari vengono a parlarci di una prossima cessazione dell'isolamento italiano. In che cosa potrebbe consistere? Nei rapporti internazionali, l'Italia, come la vogliono i barattieri e i traditori che spadroneggiano dall'altra parte dell'Appennino, non conta e non conterebbe più nulla, non avrebbe che da ricevere ordini da Londra, da Washington e da Mosca; l'isolamento geografico, perdute le colonie e l'impero, tornerebbe ad essere quello che il nostro Paese conobbe appena uscito dalla lotta per l'indipendenza; l'isolamento ideologico, quello si, non esisterebbe più, perché, una volta fatta la rinuncia ad una propria dottrina originale, l'Italia si dilanierebbe, come già avviene nella parte occupata, nelle fazioni scatenate da ideologie straniere. Dopo essere stata campo di battaglia di eserciti stranieri, diventerebbe sanguinoso teatro di lotte fratricide, fra italiani infeudati alle democrazie francese e americana, al liberalismo inglese, al sovietismo moscovita. Gli italiani cesserebbero di pensare con la propria testa, ma si ammazzerebbero allegramente fra loro in una disputa di dottrine di importazione.
Dice radio Bari che l'isolamento nell'Italia regia sta per finire. Rettifichiamo: è già finito. Non vi sono forse inglesi, canadesi, neozelandesi, indiani, australiani, statunitensi, negri dell'Africa e dell'America, francesi, marocchini, ecc., in Italia? Non vi comanda una Commissione di controllo, la quale, anche se ha cessato sulla carta di esistere, continua ugualmente a imperversare come prima e più di prima? Non è forse diventata l'Italia regia il più rumoroso bailamme del mondo? Non è più isolata: è un ponte di passaggio, un corridoio di comodo di tutte le genti e di tutti gli interessi continentali ed extracontinentali. Per tutto e per tutti v'è posto nell'Italia occupata, fuorché per gli italiani e per gli interessi italiani.