Sunday 4 March 2012

Discorso alla Camera, 7 dicembre 1935

Dichiarazioni contro la politica sanzionista

di Benito Mussolini

Le fiere commosse parole pronunciate dal camerata Ciano, Presidente di questa Assemblea, interpretano indubbiamente e nobilmente il vostro pensiero.

Nulla vi è da aggiungere a quanto egli ha detto circa la superba mobilitazione morale e materiale nonché militare del Popolo Italiano, mobilitazione in atto dal 1° gennaio e culminata nell'adunata del 2 ottobre, quando 27 milioni di Italiani - uomini, donne e fanciulli - risposero con esultante spontaneità all'appello del Regime.

Basterà dichiarare e ripetere una volta per sempre, che quando saremo giunti al 365° giorno d'assedio noi avremo la stessa volontà, lo stesso coraggio, la stessa determinazione del primo giorno. (Vive generali prolungate grida di: « Duce! Duce! »).

Non v'è assedio che possa piegarci, né coalizione, per quanto numerosa, che possa illudersi di distoglierci dalle nostre mète.

La nostra riunione, che avviene dopo le sanzioni, mi offre l'opportunità di fare alcune succinte dichiarazioni di natura politica.

In queste ultime ore si è delineato un leggero miglioramento dell'atmosfera e forse una mitigazione di talune disposizioni preconcette, ma ho il dovere di mettervi in guardia contro ottimismi prematuri ed eccessivi. (Bene!). I contatti di due esperti non significano un negoziato e nemmeno la possibilità di un negoziato, e, quando anche un negoziato si iniziasse, non è detto che giungerebbe a felice e rapida conclusione.

Siamo stati anche pubblicamente sollecitati di far conoscere le nostre esigenze inderogabili. Queste sollecitazioni sono intempestive, perché sino dal 16 ottobre le nostre proposizioni in materia furono fatte conoscere al Governo francese.

Ma invece di concrete conversazioni, sono venute le sanzioni contro un « aggressore » che le popolazioni indigene aspettavano da lungo tempo (vive acclamazioni; applausi) e alle quali ha portato i primi elementi della civiltà.

Qualcuno ha creduto di mettere in pace la sua coscienza, affermando che avevamo accettato le sanzioni economiche. Ciò è insussistente. Nel mio discorso del 2 ottobre ho elevato una protesta anche contro il solo « parlare » di sanzioni di qualsiasi specie. E quanto io dissi circa eventuali sanzioni economiche e l'appello che io rivolsi non invano alle inesauribili virtù del Popolo Italiano, avrebbero dovuto servire, caso mai; agli amici quale giustificazione per respingere ogni sanzione (vivissime acclamazioni) non quale alibì per infliggerci ben quattro simultanei ordini di sanzioni. (Nuove acclamazioni).

Le nostre controsanzioni sono quindi non soltanto inevitabili, perché non possiamo importare dal momento che ci è vietato di esportare, ma sono anche logiche e assolutamente morali come legittima difesa. (Vivi applausi).

Sarebbe tuttavia ingeneroso da parte nostra non riconoscere che larghi strati del popolo francese e la quasi totalità dei combattenti si sono schierati contro il sanzionismo e le sue eccessive applicazioni. Né possiamo ignorare le manifestazioni di protesta contro le sanzioni avvenute nel Belgio e in circoli più o meno ufficiali di altri Paesi. Ai Governi e ai Paesi che si sono schierati coraggiosamente contro l'applicazione dell'art. 16 va la nostra presente e futura simpatia. (Vivissimi prolungati applausi).

Ieri alla Camera dei Comuni è stato pronunciato un discorso che non può non avere una eco in questa Assemblea. Il ministro Hoare è stato esplicito per quanto riguarda l'atteggiamento del suo Governo nei confronti dell'Italia fascista. Prendiamo atto che il « Foreign Office » desidera un'Italia forte con un Governo forte, quale è quello fascista (vivissimi prolungati applausi); una Italia capace di tenere degnamente il posto che le compete nella vita dell'Europa e del mondo.

Da quattordici anni noi lavoriamo per questo. (Vivi applausi).

Date le premesse di Hoare, siamo in legittima attesa delle successive conseguenze. Un'Italia non può essere forte in Europa, come Hoare desidera e come noi vogliamo, se non è risolto il problema della sicurezza integrale delle sue Colonie dell'Affrica Orientale (vive approvazioni), non può essere forte se non può dispiegare su territori arretrati quelle sue capacità di espansione, di popolamento e di incivilimento che lo stesso Hoare in un precedente discorso ha chiaramente riconosciute.

Il ministro Hoare, che ha conosciuto l'Italia in guerra, ha avuto la possibilità di apprezzare le qualità e le necessità vitali del Popolo Italiano. Da allora sono passati molti anni, durante i quali - grazie alla Vittoria e alla Rivoluzione - il moto della coscienza politica del Popolo Italiano si è straordinariamente accelerato. Il Popolo Italiano ascolta le parole ma giudica dai fatti. (Vivissimi prolungati applausi).

Ora il fatto che si annuncia per il giorno 12, cioè l'embargo sul petrolio, è tale da pregiudicare gravemente gli sviluppi della situazione.

Come ho già detto alle Madri e Vedove dei Caduti, è il lato morale delle sanzioni quello che suscita lo sdegno consapevole del Popolo Italiano (applausi) specialmente quando in altro discorso governativo nella stessa Camera dei Comuni ci si fa sapere che « rimane problematica la applicazione delle sanzioni in un eventuale caso futuro ». Or dunque: il codice penale della Lega non ha un passato perché durante sedici anni non fu mai applicato in casi infinitamente più gravi e circostanziati del nostro: non ha nemmeno un avvenire.

Questo codice penale della Lega delle Nazioni, redatto quando era ancora cocente il ricordo della guerra, ha dunque soltanto un presente, agisce solo « oggi » solo contro l'Italia, esclusivamente contro l'Italia, colpevole di spezzare i ceppi agli schiavi in terre barbare, sulle quali trattati, diritti morali, sacrifici di sangue conferiscono all'Italia una indiscutibile e già riconosciuta priorità cinquantennale. (Vivissimi generali prolungati applausi).

La pena di morte, per asfissia economica, decretata dagli umanitari di Ginevra, non fu mai irrogata prima del 1935, non sarà probabilmente mai più tentata e viene soltanto oggi inferta all'Italia, perché « povera di materie prime », il che mette a riparo dalle pene del codice ginevrino i popoli ricchi (acclamazioni generali e prolungate) armati delle loro ricchezze e delle maggiori armi che la ricchezza consente. (Nuovi applausi).

Coloro che hanno messo in moto il più esplosivo congegno di guerra che la storia ricordi hanno sbagliato nei loro calcoli. Quando si è esaminato oltre Alpe - a tavolino - la maggiore o minore vulnerabilità dell'economia italiana, si è dimenticato, al di là delle cifre e degli schemi, di tener conto delle riserve materiali di ogni genere che una grande Nazione accumula lentamente e quasi inavvertitamente nel corso dei secoli, e soprattutto non si è tenuto conto dei valori dello spirito dell'Italia fascista (prolungati applausi), spirito che piegherà a qualunque costo la materia per trarne gli elementi necessari alla resistenza e alla riscossa. (Applausi).

Ho l'impressione che si cominci a riconoscere l'errore compiuto quando - in base a principi astratti, formalisticamente interpretati, caso classico del summuni jus summa inìuria - si è dilatato fino a fargli assumere il carattere di una crisi mondiale, uno di quei conflitti coloniali che altri Paesi, anche dopo la guerra, anche dopo la Società delle Nazioni, hanno risolto con l'impiego della forza. (Vive approvazioni).

Intendo di riaffermare nella maniera più netta che l'epilogo di questa crisi non può consistere che nel pieno riconoscimento dei nostri diritti (applausi) e nella salvaguardia dei nostri interessi africani. (Vivissimi applausi). Nell'attesa, l'azione continua in Italia e in Affrica, dove Fanti e Camicie Nere, uniti nella volontà, nella fede della Rivoluzione, daranno alla Patria la meritata e decisiva vittoria.