di Benito Mussolini
Voglio fare in questa piazza un elogio parco, come è mio costume, ma altrettanto sincero della gente marchigiana. Quattro anni sono passati dacché io mi sono assunto il peso grave del potere; durante questi quattro anni a centinaia sono passate le commissioni attraverso i saloni di palazzo Chigi: le Marche hanno fatto eccezione.
Io posso contare sulle dita d'una mano le volte nelle quali le Marche mi hanno chiesto qualche cosa. Siete dunque una popolazione laboriosa e saggia che si rende perfettamente conto delle superiori necessità della Nazione, che non chiede per sé se non pei suoi stretti bisogni e quando sa preventivamente che le sue richieste saranno benignamente accolte: siete quindi gente che cura i suoi interessi da se stessa.
Voglio fare anche l'elogio del Fascismo di questa Provincia, saldo, compatto, quadrato, non inquinato da piccoli dissidi e da beghe, a proposito delle quali non bisogna esagerare perché il partito che ha più di novecentomila iscritti, d'una età per fortuna loro che varia dai 20 ai 30 anni, non può non essere un partito difficile, per le sue esuberanze, per i suoi impeti e per le sue passioni, ed io lo preferisco in questo stile piuttosto che vederlo muovere come monotone fraterie di salmodianti. È quindi ridicolo, sommamente grottesco, lo sperare di taluni sperduti avversari, i quali, non ancora convinti delle terribili lezioni della nostra storia, si nutrono di illusioni che hanno la durata di fuochi fatui.
Vi è chi crede che da un piccolo dissidio in uno sperduto paesello possa venir nocumento al Fascismo: menzogna. Il Fascismo non è soltanto un partito, è un regime, non è soltanto un regime, ma una fede, non è soltanto una fede ma religione che sta conquistando le masse lavoratrici del popolo italiano.
E' il popolo italiano che io intendo difendere.
Non vi sembri strano se in questo momento io vi faccio una dichiarazione di ordine politico di una certa importanza, Non è la prima volta che io ho scelto la pubblica piazza per dire cose che avrei potuto dire in Parlamento o in altri luoghi. Aggiungo che mi si deve credere, soprattutto mi si deve credere quando parlo diretto al cuore del popolo, guardando negli occhi il popolo che mi ascolta.
Voglio dirvi, che noi condurremo con la più strenua decisione la battaglia economica in difesa della lira e da questa piazza a tutto il mondo civile dico che difenderò la lira fino all'ultimo respiro, fino all'ultimo sangue.
Non infliggerò mai a questo popolo meraviglioso d'Italia, che da quattro anni lavora come un eroe e soffre come un santo, l'onta morale e la catastrofe economica del fallimento della lira. Il regime fascista resisterà con tutte le sue forze ai tentativi di Jugulazione delle forze finanziarie avverse, deciso a stroncarle quando siano individuate all'interno.
II regime fascista è disposto, dal suo capo all'ultimo suo gregario, a imporsi tutti i sacrifici necessari, ma la nostra lira, che rappresenta il simbolo della Nazione, il segno della nostra ricchezza, il frutto delle nostre fatiche, dei nostri sforzi, dei nostri sacrifici, delle nostre lacrime, del nostro sangue, va difesa e sarà difesa.
Quando mi accade di scendere in mezzo al popolo, al popolo che realmente lavora, io sento che così parlando ne interpreto perfettamente i sentimenti, le aspirazioni, la volontà.
Cittadini! Camicie Nere!
Ho già detto quello che intendevo dire e ritengo che avrà una grande eco.
Così finiranno tutte le ciarle insulse del disfattismo vile, che individueremo e che colpiremo senza pietà e nessuno ci farà indietreggiare sulla strada che noi dobbiamo fermissimamente seguire. E noi la seguiremo, camicie nere. Siete pronti voi a seguirla?
(La folla unanime grida: « Sì! »).
A seguirla fino al sacrificio?
(La folla: « Sì! Sì! »).
Ebbene io accolgo questo vostro grido come un giuramento.
Gridate ancora con me: Viva il Fascismo! Viva l'Italia!