Ai Veliti del grano
di Benito Mussolini
Camerati agricoltori! Signori!
È questa la terza volta che si svolge in Roma la cerimonia della premiazione ai bravi rurali che, combattendo nelle prime linee, si sono meritati il nome di « vèliti » dell'agricoltura italiana. Cerimonia la cui significazione morale non ha bisogno di essere illustrata; cerimonia che ha, tra l'altro, l'obbiettivo di concentrare l'attenzione di tutta la Nazione sui problemi fondamentali dell'agricoltura e permettere a me di tracciare il consuntivo dell'annata.
Come siamo andati nell'anno agricolo 1928? Tutto sommato, discretamente. Gli inizi furono oltremodo promettenti. C'è stato un raccolto di bozzoli soddisfacente anche dal punto di vista dei prezzi; una prima fienagione abbondantissima, ma poi le piogge eccessive di aprile e di maggio, danneggiarono i frumenti in talune plaghe. Tuttavia se la « stretta », dovuta ai venti della prima decade di giugno, venti che i poeti chiamano favoni, e noi prosaicamente sciroccali, non avesse danneggiato i frumenti prossimi alla maturazione, il raccolto del grano avrebbe probabilmente toccato quel totale di 70 milioni di quintali che fu annunziato un po' troppo in anticipo dagli ottimisti. Le definitive risultanze lo riducono a 62.214.800 quintali.
È quindi di 10 milioni di quintali esattamente superiore al raccolto del 1927. Date le contingenze avverse o non compiutamente favorevoli, il raccolto è buono. Anche i prezzi non sono precipitati all'atto del raccolto. C'è stata una provvida resistenza alle svendite immediate, resistenza che bisognerà sempre meglio organizzare.
Il raccolto delle bietole è stato mediocre, come quello della canapa. Riso, uva, ulivi e agrumi bene, anche come prezzi. Raccolti minori, male. Granturco, specie nel Veneto, distrutto dalla siccità.
Ecco, in sintesi, l'annata agricola 1928 che si chiude in attivo, pur non essendo l'attivo sperato e meritato. Il danno maggiore è stato provocato dalla siccità, che ha imperversato in tutto il bacino mediterraneo, dal maggio al settembre. Per tre lunghi mesi consecutivi non una goccia di acqua è caduta sulla terra italiana. Ciò risulta dal mio diario meteorologico che curo con diligenza particolare. Si comprende ora perfettamente il fervore irrigatorio da cui sono animati gli agricoltori italiani, fervore che darà ottimi risultati, poiché laghi, fiumi e sorgenti sotterranee non mancano in Italia.
Come già dissi, l'acqua c'è, bisogna soltanto trovarla e condurla sposa col sole. Le cause della prolungata siccità, non mai interrotte da precipitazioni atmosferiche (salvo alcuni rovinosi cicloni); sono da ricercarsi nella penosa e totale calvizie della nostra catena appenninica. Mancano le grandi foreste dalle quali si sprigionano le correnti che coagulano, congestionano il vapore acqueo sospeso negli alti strati dell'atmosfera e lo fanno precipitare sotto forma di pioggia. Nell'attesa che gli alberi piantati a centinaia di milioni compiano (fra le molte altre) anche questa funzione fondamentale di equilibrio atmosferico, e l'attesa sarà lunga e non inferiore a mezzo secolo, è necessario creare senza indugio impianti di irrigazioni. Ne sono avviati taluni, in Lombardia e nel Veneto, che riscatteranno amplissime plaghe e sono per la loro imponenza, degni dell'Italia fascista. È noto che il Governo fascista, non solo incoraggia, ma appoggia tangibilmente queste iniziative.
Da quando io ho posto l'agricoltura al primo piano dell'economia nazionale, da quando ho dimostrato coi fatti che l'agricoltura doveva essere la preferita su tutte le altre forme della produzione, uno spirito nuovo, fatto di fiducia, di tenacia, di orgoglio ha sollevato i rurali da un capo all'altro d'Italia. Gli eserciti si perfezionano combattendo, così avviene dell'esercito rurale italiano, il quale, dopo questi anni di battaglia, si presenta migliorato nei suoi quadri, compattissimo nelle file e deciso a marciare. La bella sfida tra i rurali di Brescia e quelli di Cremona è la prova di un morale resistente a tutte le difficoltà e ansioso di superarle.
Non tocca a me di rielencare le provvidenze del Governo fascista a vantaggio dell'agricoltura. Voi le ricordate, anche perché ve ne sono di molto recenti. Solo vi dirò che io seguo le vicende dell'attività agricola italiana quotidianamente e deligentemente; vi dirò che ho fatto e farò tutto il possibile per rendere più prospera l'agricoltura e per aumentare il benessere dei rurali silenziosi e fecondi. La bonifica integrale del territorio nazionale è una iniziativa il cui cómpito basterà da solo a rendere gloriosa, nei secoli, la Rivoluzione delle Camicie Nere.
Tale iniziativa che sarà tra poco legge dello Stato e troverà immediata, organica, regolare applicazione, è l'indice di un orientamento del Regime che io esprimo in questa formula: il tempo della politica prevalentemente urbana è passato. Del resto, tutte le città hanno avuto somme che si cifrano a miliardi per cose utili e anche per abbellimenti e bellurie superflue; ora è il tempo (e gran tempol) di dedicare miliardi alle campagne, se si vogliono evitare quei fenomeni di crisi economica e di decadenza demografica che già angosciano paurosamente altri popoli.
Io vi dico, senza false modestie, che l'agricoltura italiana, nei sei anni del Regime fascista, ha compiuto passi giganteschi, prima di tutto per la pace garantita alle genti dei campi, in secondo luogo per i progressi tecnici realizzati in ogni ramo, in terzo ed ultimo luogo, per il prestigio ed il posto che il Regime fascista le ha conferito.
Prima di passare alla consegna dei premi, io voglio tributare un elogio ai dirigenti delle grandi organizzazioni sindacali che hanno dovunque fatto opera di verace, leale, fascistica collaborazione, ai tecnici agricoli e ai cattedratici, che considero (insieme coi proprietari intelligenti ed attivi) i quadri dell'esercito. Voglio ricordare i professori delle scuole agrarie, i maestri delle scuole rurali, gli ufficiali dell'Esercito e, infine, i parroci, i quali hanno organizzato 40 adunate di propaganda per la battaglia del grano, mentre 82 di essi sono stati premiati. Il che dimostra che la saggia, religiosa cura delle anime può andare benissimo congiunta con un'attività pratica rivolta ad aumentare il benessere delle popolazioni rurali.
Finalmente, il mio elogio, il mio plauso va alla massa dei grandi e modesti agricoltori, dei piccoli proprietari, dei mezzadri, i quali tutti hanno risposto alla mia parola d'ordine con unanimità che si può chiamare « commovente », dato lo stato di lontananza e di trascuranza in cui, per troppo lungo tempo, fu tenuta la gente dei campi. Nei villaggi, nelle fattorie, nei casolari, questa parola d'ordine è penetrata come un comandamento, e la massa innumere delle fanterie rurali si muove innanzi solenne verso le ulteriori conquiste. Di questa massa una piccola avanguardia di 50.000 uomini si raccoglierà a Roma nel X Annuale della Vittoria, che fu conquistata sopra tutto col sangue dei contadini.
Spero che la radio mi abbia concesso la grande gioia di far giungere la mia voce e il mio fraterno saluto agli agricoltori che, in molte località d'Italia si sono riuniti per ascoltarmi. Il mio saluto va anche ai rurali che, in Tripolitania, in Cirenaica ed in Somalia sono intenti all'opera dei pionieri che dissodano la steppa e riconducono la vita e la fertilità dove per secoli fu l'aridità e la morte. Questi camerati meritano una speciale menzione, perché la loro fatica si svolge in condizioni più aspre e sotto un clima più avverso. Tutti gli agricoltori e in Italia e nelle Colonie sanno come i loro interessi mi stiano profondamente a cuore; essi non ignorano che io sono specialmente pensoso del loro destino. Aumentare fino al possibile la fecondità della terra italiana, elevare la sorte dei milioni e milioni di rurali che lavorano con dura e sacra tenacia, ecco uno dei fini fondamentali del Regime fascista al quale non mancheremo.
Ed ora, o camerati, la parola d'ordine per il quarto anno della battaglia del grano è la seguente: diligente preparazione del terreno; sementi elette; semina a righe dovunque sia possibile; concimazioni naturali e chimiche secondo le indicazioni dei tecnici. Un altro quintale in più di media per ettaro, e saremo alla vigilia della vittoria. Un altro quintale ancora e avremo raggiunto ciò che sembrava sino a ieri un sogno, o un prodigio: la terra italiana che dà il pane per tutti gli Italiani!