Wednesday, 7 March 2012

Fascismo e Alto Adige

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 30 aprile 1921)

di Benito Mussolini

La rivolta di Carnizza nell'Istria e l'episodio di Bolzano, sono fatti sui quali occorre richiamare nel modo più energico l'attenzione dell'opinione pubblica italiana e di quella fascista in particolare prima che sia troppo tardi. Portando il nostro confine al Brennero, com'è etnicamente, geograficamente, storicamente e moralmente giusto, una massa di tedeschi, che oscilla fra i 150-160.000, è passata a far parte dello Stato italiano. Immediatamente dopo l'occupazione militare dell'Alto Adige, il Governo italiano poteva e doveva procedere a una selezione fra i tedeschi dell'Alto Adige per ridurre la loro massa a più modeste proporzioni. Questa misura, che i francesi hanno adottato largamente nell' Alsazia, non venne presa; non solo, ma tutti coloro che si erano allontanati dall'Alto Adige, vi ritornarono tranquillamente, visto e considerato che tutto era come prima e meglio di prima.

L'autorità italiana largheggiò in ogni modo coll'elemento tedesco; sfamò quelle popolazioni; cambiò le corone a sessanta centesimi, in un momento in cui la corona della « defunta » valeva meno di un centesimo; aiutò la repubblica austriaca; accolse con onori quasi sovrani il cancelliere Renner; e, soprattutto, lasciò intatti, ben conservati e vigilati, tutti i segni del vecchio regime, tutte le insegne degli Absburgo. Per colmo dell'ironia, fu mandato a governare la Venezia Tridentina l'on. Credaro, che sarà un bravissimo signore, ma privo di tutte le attitudini necessarie a governare una regione bilingue e in tempi così difficili.

È superfluo ti prospettare la situazione determinatasi nell'Alto Adige grazie alla insipienza e alla vera e propria vigliaccheria del Governo italiano. Bastano poche parole: umiliazioni continue per l'elemento italiano; strafottenza e prepotenza dell'elemento tedesco. Se ci bastasse il tempo, noi vorremmo stralciare dalla collezione dei giornali tedeschi alto-atesini tutte le infamie stampate contro l'Italia e gli italiani di questi due anni; e si vedrebbe come la libertà o liberalità nostra sia stata utilizzata da gente abituata al duro bastone della vecchia disciplina. Ma il povero Credaro è un democratico-positivista. Come tale crede in certi misteriosi principi che varrebbero per tutti i popoli e per tutte le epoche; mentre invece la dura esperienza dovrebbe insegnargli o avrebbe dovuto insegnargli che gli italiani si trattano in un modo e i tedeschi in un altro; che quel che va bene al di sotto di Salorno, va malissimo da Salorno in su; che la cortesia latina è interpretata dai tedeschi come debolezza e dedizione e che i tedeschi non si trattano coi guanti di velluto, bensì col pugno di ferro. Anche perché i tedeschi preferiscono di essere trattati in quest'ultima guisa, conformemente alla loro speciale psicologia. I tedeschi non capiscono l'invito, l'esortazione, la preghiera. Tutto ciò vale per noi. I tedeschi sentono l'ordine, l'imperio. Non è già sintomatico che la repubblica germanica sì chiami Reich? Non entra in questa denominazione anche l'elemento psicologico cui abbiamo accennato? Ne risulta che tutta la politica del Governo italiano nell'Alto Adige è stata « psicologicamente » sbagliata; ne consegue che, ad un dato momento, la « falsità » della situazione doveva necessariamente precipitare in un episodio di sangue. L'ignobile assenza dello Stato doveva finire per suscitare nuclei di cittadini che allo Stato imbelle sì sostituiscono. Così anche a Bolzano sorse il Fascio dì Combattimento. Qualcuno esitò sul principio circa l'utilità del Fascio, poiché si sperava in parte sulla rassegnazione dei tedeschi al dominio italiano e dall'altra in una riaffermazìone della nostra autorità, ma queste speranze furono deluse. I pangermanisti dell'Alto Adige accentuarono la loro campagna contro l'Italia, mentre a Monaco e a Berlino - il che dev'essere ricordato ai capi italiani eternamente e stupidamente germanofili - si inscenavano dimostrazioni irredentìstìche reclamando il confine tedesco a Salorno nell'attesa di portarlo ad Ala e forse a Verona.

A questo punto entra in scena il fascismo, che è la guardia suprema della nazione. Il signor Credaro può recitare fin che vuole la parte di mastro Tentenna o mortificare ancora, e all'infinito, il prestigio dell'Italia di Vittorio Veneto. Ma i fascisti parlano chiaro, tanto agli italiani disposti a gridare ancora una volta un «via!», come ai boches dell'Alto Adige e di tutti i paesi. Il fascismo, in nome dei suoi quattrocentomila iscritti, perfettamente disciplinati e inquadrati, è deciso ad agire secondo queste direttive. In primo, fraterna solidarietà coi fascisti della Venezia Tridentina. Costituzione di altri nuclei al sud e al nord di Salorno. Tutti i fascisti che possono recarsi, per poco o per molto tempo, nell'Alto Adige, devono farlo. Lotta senza quartiere contro le autorità italiane invigliacchite. Sfasciamento di tutto ciò che ricorda l'Austria. Nel caso, poi, che i fascisti della Venezia Tridentina impegnassero combattimento, i fascisti di tutta Italia sanno qual è il loro preciso dovere: correre immediatamente in aiuto dei compagni. I fascisti si distinguono per la loro straordinaria mobilità. Non ci saranno ordini ulteriori. Ciò che qui è scritto, vale per sempre. I tedeschi dell'Alto Adige prendano nota. Non ci ripeteremo. Non scriveremo altri articoli. I tedeschi credono che tutti gli italiani siano della pasta molle e rammollita di Credaro. Sbagliano! La bomba di Bolzano è il primo solenne avvertimento. La guerra vittoriosa ha suscitato nuove generazioni d'italiani, che sono forti, disciplinate, audacissime. Sono le generazioni fasciste, sono le generazioni che convinceranno i tedeschi dimoranti abusivamente nell'Alto Adige come e qualmente al Brennero ci siamo e ci resteremo, perché questo è il confine segnato da Dio, perché quello è il confine raggiunto a prezzo di immensi sacrifici di popolo, perché Dante e Mazzini e Battisti e cinquecentomila morti hanno commesso ai vivi il compito di difendere ad ogni costo quel confine.