Friday 9 March 2012

La propaganda nazista nell'Alto Adige

(Pubblicato in « Echi e commenti rassegna universale della stampa », 1935)

di Francesco Paoloni

Dobbiamo constatare che la pretesa di “rivendicare” al pangermanismo l'Alto Adige, non è più soltanto una singolarità della stampa bavarese, ma si è trasformata in una campagna propagandistica e polemica.

Anche per i giornali prussiani, non esclusi quelli di Partito, che fino a poco tempo prima del colpo di mano nazista in Austria ignoravano una questione del “Sud-Tirol” e prodigavano esaltazioni dell'Italia fascista.

Oggi la stampa concertata dagli intonarumori dell'ufficiosità nazista, parla di “infamia” e di “barbarie” della politica fascista in Alto Adige: quando prendendo a pretesto il trasloco del monumento al poeta tedesco Walter Vogelweide, dalla piazza principale ad un giardino di Bolzano, monumento “considerato da molti tedeschi – dice la Munchner Zeitung – il santuario nazionale nell'estremo lembo della terra tedesca”, sebbene, come lo stesso giornale ha dovuto ammettere, non si abbia alcun elemento sul quale fondare l'ipotesi della nascita del Vogelweide in quei paraggi, ed anzi secondo alcuni egli sia nativo di Franconia e secondo altri di Boemia, quando protestando per il cambiamento dei nomi di vie, piazze, paesi; quando presentando in modo menzognero le frequenti numerose richieste di nativi di Bolzano o dei paesi di quella provincia, per i decreti di restituzione del cognome italiano da sostituire a quello intodescato.

Per la “barbarie” e per l'“infamia” che il procedimento attribuito all'Italia nell'Alto Adige costituirebbe, vediamo la controprova della buona fede di codesti polemisti nazisti, con alcuni documenti sui metodi del nazismo contro le minoranze nazionali non tedesche in territorio del Reich, o comunque governato da hitleriani.

Mandano da Kaunas: il giornale lituano “N. T. Koloivis” di Tilsit protestando perchè nell'anno scorso 120 nomi di località e di villaggi lituani sono stati germanicizzati, conclude che lo spirito del contadino lituano della Prussia orientale, dopo la lunga esperienza della dominazione teutonica, resisterà anche a quest'altra prova di germanizzazione.

Si ha notizia da Danzica che sono state colà riprese le repressioni dei nazisti contro i partiti della minoranza ed i cattolici che nelle recenti elezioni avevano portate delle notevoli affermazioni.

Le autorità di Danzica hanno proceduto ora all'arresto del sacerdote Aelterman, parroco di una località della città libera accusato di essersi espresso sfavorevolmente alla organizzazione dei campi di lavoro. In realtà il parroco aveva richiesto soltanto ai dirigenti di questa istituzione, creata sul modello nazista, delle modifiche di orario che rendessero possibile ai suoi parrocchiani partecipanti al campo di lavoro, di prendere parte nello stesso tempo alle funzioni religiose.

Infine un giornale neutrale quale la Zuercher Zeitung registra questi dati di fatto:
“Nelle regioni settentrionali della Prussia orientale numerosi nomi di famiglie, luoghi, campi e fiumi ricordano ancora il carattere originariamente lituano della popolazione. Ciò avviene dove la germanizzazione si è verificata appena poche generazioni fa. In una chiesa a Tilsit sopravvisse il servizio religioso lituano sino ai tempi di Bismarck cioè alla fine del secolo. Attualmente è in atto una azione per la estirpazione di tutti i nomi che ricordano il passato lituano. Un filologo ha avuto l'incarico di dare alle denominazioni lituane, attraverso traduzione oppure adattamento, un suono tedesco. Si calcola che così saranno ribattezzati più di 100 paesi, cambiate più di mille denominazioni di altro genere”.
Ed ora vediamo quale era la politica dei pangermanisti quando per tramite dell'Austria dominavano sull'Alto Adige; ce ne dà notizia “La Provincia del Brennero”, con qualche caso tipico:
“Nel 1913 un funzionario di Caldaro, al quale parve che il cognome di Marchetti Eugenia di Giacomo e di Tessadri Eugenia stonasse fra i molti Marcket, ottenne la emanazione di un decreto grazie al quale la parte finale del cognome fu istantaneamente soppressa e lanciata alle ortiche.
In Val Badia, il maestro Giovanni Sorarù, nato a Colfosco il 1889, seppe un bel giorno che egli risultava denominato sin dalla nascita Giovanni Oberbacher. Ugual sorte toccò ai molti Sorarù della ladina valle Badia e la trasformazione del cognome avvenne senza ombra di giustificazione legale. Il pangermanesimo affidava all'arbitrio di qualche livido impiegato comunale il compito di cancellare quelle tracce di latinità che i secoli avevano rispettato.
I Kastlunger, che dai libri parrocchiali e comunali risultano in origine (cioè cinquant'anni or sono) Costalunga; i Di Biei che si videro trasformati in Villeit; gli Erlacher che furono, sino al 1920, Almei; gli Agreiter che si chiamavano sino a due generazioni or sono Aiarei; ecco altri esempi che bastano a riassumere gli atti irrituali e coattivi, che portarono alla germanizzazione dei cognomi in interi comuni dell'Alto Adige, specie in quelle valli che avevano conservato più tenacemente il segno della romana dominazione.
E la bizzarra evoluzione di alcuni cognomi gardanensi – Perathoner già Pierantoni ad esempio – che sui registri parrocchiali del secolo scorso risultano di italianissimo suono? Ed il fatto che nel cimitero di S. Giacomo (Ortisei) le lapidi funerarie sono redatte sino al 1914 in forma italiana, col classico carattere lapidario romano, e successivamente ostentano invece il più bel gotico e la più pura lingua tedesca?
Ed i varii Clement, i Zanoll, Kazzonelli ecc.?”
Con questo in più che secondo la politica fascista in Alto Adige, la restituzione in forma italiana è fatta obbligatoria dalla legge, per quei cognomi il cui etimo sia latino o italiano. È invece facoltativa – e cioè scaturisce dalla domanda dell'interessato – quando il cognome derivi da etimo germanico o comunque straniero, e per quanto riguarda la spontaneità della domanda, a convincersene basta farsi una idea della meticolosità burocratica della richiesta.

Ma probabilmente il furore di certi giornali nazisti è provocato dalle notizie sull'entusiasmo col quale le giovanissime “camicie nere” dell'Opera Nazionale Balilla di Bolzano, convenute a Roma, hanno gridato la loro italianità ed acclamato al Duce, ed il fervore di canti festosi col quale le reclute dell'Alto Adige si presentano al servizio militare per la Patria italiana.


Epigrafe per Goethe al Brennero

Altra notizia che forse ha fatto gran dispetto ai giornali nazisti, deve essere quella della lapide al Brennero per il Poeta nazionale germanico; non Walter, ma ben altro.

La notizia è questa:

Il 22 marzo u.s., nell'annuale della morte di Giovanni Volfango Goethe, al Brennero, è stata murata, in luogo di una misera epigrafe preesistente, una lapide sulla quale si legge:
Giovanni Volfango Goethe
l'8 settembre 1786
volgendo i passi verso l'alma Roma
ove lo chiamava, raggiante sui secoli
il fascino di una millenaria civiltà
quivi sostò
e sull'Alpe che serra Lamagna,
ubbidendo alla voce imperiosa
della natura
dettò parole che il fato raccolse
il 4 novembre 1918
e segnò irrevocabili nel destino d'Italia
“...ed ora attendo che l'alba rischiari questa gola alpestre che mi tiene serrato qui, sul confine fra il settentrione e il mezzogiorno”. (Viaggio in Italia).
Così abbiamo onorato il grande Poeta cui l'esser tedesco non impedì – come del resto non impedisce ad altri della sua nazionalità – di riconoscere, confermando il vaticinio di Dante sull'“Alpe che serra Lamagna”, la caratteristica meridionale, mediterranea, della regione al di qua del Brennero. Ed è questa, anzi, la ragione per la quale genti del nord nei passati secoli si sentirono attratti verso quella espansione al sud che i pangermanisti vorrebbero presentare come titolo di rivendicazione di possesso.

FRANCESCO PAOLONI
Deputato al Parlamento