Thursday, 8 March 2012

Ora di luce

(Pubblicato in « Il Popolo d'Italia », 12 febbraio 1929)

di Arnaldo Mussolini

Nell'avvenimento odierno, che esalta i cattolici di tutto il mondo, c'è una parte intima che illumina il nostro spirito e che non si confonde con i riflessi nazionali ed internazionali che il nuovo Concordato porta alla ribalta della storia. Come italiani, cattolici nati e cresciuti secondo la legge cristiana, battezzati nelle nostre chiese, raccolte e piene di tanti ricordi della nostra vita di popolo, la fine del dissidio che ci mortificava è motivo di altissimo gaudio. L'anima è liberata nella credenza del suo Dio e del suo Vicario terreno. Finalmente il nostro spirito è placato; finalmente l'armonia delle nostre virtù civili trova un suggello, una indicazione, un ausilio nella concordia dei poteri. Prima di ieri il tricolore in chiesa richiamava nei fanatici un ricordo ingrato, come nei figli devoti di questa terra prediletta da Dio l'ossequio semplicemente formale alla Chiesa e alle sue leggi era motivo di amarezza, poi che il dovere e la vita spirituale apparivano incompiuti e non per colpa nostra.

Ecco finalmente sanato il dissidio; ecco un Concordato che fissa le attribuzioni civili e religiose; ecco l'armonia intera del popolo italiano che si ritrova nella sua unità etnica e nella fusione spirituale di tutte le sue energie, di tutta la sua bontà e capacità, delle sue leggi e dei suoi reggimenti liberi, nella gloria e nel corso dei secoli. Questa intima gioia, che emoziona anche la vita degli scettici, ha carattere soggettivo, ma è comune a tutto il popolo italiano. I bronzi sacri della Chiesa e i bronzi storici dei liberi Comuni, possono annunciare ai cittadini di ogni età, di ogni classe, la grande novella. Prima che la notizia diventi universale e sia selezionata nei suoi innumeri aspetti, è il popolo italiano che la prende, la fa sua per la propria gioia e per la grandezza del suo divenire. Finiscono gli equivoci: i settarismi diventano inutili e le esasperazioni, che molte volte sono i riflessi eccelsi della vita e dell'amore, sono finalmente dominate.

Questa festa della fede, che si inquadra nell'amor patrio, è tipicamente nostra. Nessuna considerazione dialettica può offuscarla e le stesse polemiche internazionali non possono incrinarla. L'Italia è compiuta nel quadro della sua profonda armonia. Sia gloria a Dio e agli uomini che hanno obbedito alle sue sante ispirazioni.

I fogli stranieri, nei giorni scorsi, ciascuno dal suo punto di vista, hanno giudicato l'avvenimento come un prodotto del nuovo clima storico dell'Italia fascista e della volontà precisa di Benito Mussolini e di Pio XI. Molti hanno sintetizzato il giudizio affermando che il dissidio sorto nel 1870 è finito oggi con un compromesso, stillato e firmato dai Poteri responsabili.

No. L'avvenimento supera la breve parentesi di sessanta anni. Dall'Editto di Costantino, promulgato a Milano dopo 300 anni dell'èra volgare, al 1870, vi sono state infinite vicende drammatiche nella storia d'ltalia e in quella vaticana dei Papi. Basta citare la calata dei barbari, le vicende di Ravenna, l'incoronazione di Carlo Magno, le lotte per le investiture, Napoleone I, il Risorgimento italiano, per dire con sicura coscienza ed obbiettività storica, che l'accordo odierno fra la Santa Sede millenaria e divina nella sua potenza, e lo Stato italiano, inquadrato nella sua forza all'indomani della sua gloria militare e del suo assetto civile, supera e vince gli antichi dissidi storici. E, prima di superarli, li compendia e li riassume in una delimitazione di attività fra la Chiesa e il potere civile, sì da considerare vinte le antiche contese di dominio e di autorità.

Se nei secoli lontani i barbari furono illuminati dalla Chiesa di Roma, dopo più d'un altro millennio la stessa Chiesa di Roma può essere luce di saggezza ai popoli fatti civili, ma ancora egoisti e smarriti nel loro orgoglio incontenuto di sopraffazione, di forza e di violenza. Libera la Chiesa in Roma, città eletta da Dio per la sua sede terrena, può liberamente parlare al mondo il linguaggio delle sue verità eterne, senza il compartimento stagno dell'indifferenza, dell'ostilità presunta, della zona grigia della vecchia classe politica italiana. Noi, come ogni Nazione cattolica del mondo, avremo il Concordato su ogni dettaglio della vita spirituale. È a questa finalità che tesero invano i migliori uomini del Risorgìmento. La storia, la filosofia, i raffronti, le massime evangeliche, fanno del cristianesimo la verità vivente nei secoli. Anche l'Italia, unita nel suo Regno, entro i suoi confini, godrà di questo presidio spirituale. La luce alla mente e l'ordine civile saranno rafforzati dalla nuova convenzione. E Roma, come già molte volte nei secoli, apparirà la città eterna che segue le grandi verità, le grandi leggi, i codici per l'insegnamento, per la struttura civile dei popoli che nel mondo hanno dei doveri e dei còmpiti da assolvere ed un'aspirazione ultra terrena da perpetuare. L'evento si compie mentre la Naziona concorde segue un suo costume, una sua legge, una morale fascista che la riscatta dagli antichi errori e dalle colpevoli debolezze e sudditanze. La storia ha le sue esigenze, degli squilibri, degli insegnamenti e dei correttivi. Il popolo italiano è profondamente religioso. Le campagne anticlericali più sfrenate, hanno potuto incrinare, nel passato, qualche provincia, ma poi il buon senso successivo ha saputo redimerle e sanarle. Il pensiero italiano si illumina nel suo complesso, dalla grandezza della fede. Un filosofo e politico come Oriani, dopo aver battagliato una intera esistenza, volle riconciliarsi, al tramonto della vita, con il Vicario di Cristo.

In Italia rimaneva da chiarire la questione politica. Bisognava far giustizia della piccola fazione massonica che obbediva ai criteri e agli interessi delle scuole straniere. Benito Mussolini, con il suo grande prestigio di condottiero, di politico e di animatore, ha chiarita la situazione spirituale e politica italiana; ha vinta la retorica; ha obbedito all'istinto; ha intuito la grandezza di una conciliazione. Spirito inquieto, che la giovinezza esuberante aveva portato al di là delle piccole concezioni filosofiche, nella pienezza della vita, dell'ingegno e dell'esperienza, egli ha saputo ricondursi alle grandi verità divine che resistono all'urto dei secoli. Una mente chiara, umanistica, poderosa di cultura e obbediente ai richiami della storia, compresa dei doveri di grande Re del secolo ventesimo, ha accolto il lato nuovo e profondo del problema romano ed ha sanzionato l'accordo. Vittorio Emanuele II vide la legge delle guarantigie respinta, i suoi ministri tra l'insufficienza e l'anatema, e la gloria di Roma offuscata. Vittorio Emanuele III vede la Chiesa di Roma che si cinge nella sua extra territorialità ed accede al criterio della coesistenza. E Roma risplende sotto questo duplice aspetto di vita immortale laica e religiosa. Infine, la mente poderosa di un Papa insigne, Pio XI, sente lo spirito nuovo di questa unità millenaria che si chiama Italia, ne apprezza il risorgere e va verso i suoi figli cattolici - i quali non desiderano che di servire i due Poteri nella loro giurisdizione specifica - e, conscio della sua forza, con la sua volontà illuminata, li calma nelle loro inquietudini di cattolici e di italiani.

Comprendiamo l'emozione di questi giorni. Fissare in un articolo di giornale quale è il tumulto delle impressioni dentro e fuori dei confini d'Italia, è impresa ardua ed impossibile. È un capitolo grandioso che si inserisce nella Storia. A noi non resta che coglierne i riflessi, vivere, operare e credere in armonia alla grande ora che passa, per la gloria d'Italia e di Roma.