Thursday 8 March 2012

Civiltà asiatica e civiltà europea

(Pubblicato in « Gerarchia », maggio 1931)

di Antonio Bruers

Quando si potrà tracciare questa nostra storia contemporanea con la necessaria prospettiva del tempo, apparirà chiaro che la fine del secolo XX segna la fine non soltanto di un secolo, ma anche di una ben più vasta età.

Col secolo XX appare, come fattore quasi protagonista della civiltà, la scienza applicata. La telegrafia senza fili, il cinematografo, l'automobile, l'aviazione, tutti i prodigi dell'elettricità e della nuova chimica applicata all'arte militare e all'industria, trasformano radicalmente la costituzione stessa sociale, negli individui, nelle famiglie, nelle nazioni. Mutano i rapporti tra stato e stato, tra regione e regione, tra continente e continente.

L'improvviso avvaloramento di materie prime trasforma la potenza e la economia dei paesi, creando nuove forze, meravigliose iniziative, nuovi illimitati orizzonti, ma anche tremende incertezze morali e crisi materiali che sembrano squassare dalle fondamenta tutto l'edificio del consorzio umano.

Di questa immensa palingenesi mondiale, uno degli aspetti più importanti è quello della metamorfosi avvenuta nei rapporti tra la civiltà europea e quella asiatica.

Dalla civiltà greca in poi, l'asse della civiltà si era spostato, con moto lento ma irresistibile (nonostante talune più o meno grandi parentesi, come il fenomeno arabo), dall'Asia all'Europa, dapprima per la civiltà ellenica, poi per quella romana, infine per quella cristiana.

Dagli ultimi tempi del Medio Evo, l'oriente si adagia in quello che vorremmo chiamare un'immenso sopore storico, nel quale gli antichi culti, permeati e obliterati dal buddismo, fissano rigidamente la società nei suoi poteri, nelle sue caste, negli usi e nei costumi remoti e immutati.

Il maomettanesimo, unica espressione dinamica dell'oriente, si diffonde, gareggia, in alcune zone, col buddismo e lo supera, sembra anzi, in talom istanti, trionfare addirittura sulla civiltà occidentale, ma anch'esso, in definitiva, si rivela impotente, si cristallizza nello schema socialmente angusto del Corano.

E dall'occidente comincia il flusso irresistibile che conquista l'oriente, sotto la forma dapprima della guerra religiosa, poi della penetrazione commerciale e della ricerca esplorativa, archeologica e geografica.

Di pari passo con lo sviluppo della scienza, la conquista occidentale dell'oriente perde sempre più il carattere religioso per conseguire quello economico. Il cattolicesimo, più ancora del protestantesimo, innalza dovunque le sue tende, dirama una sua rete religiosa, assicurata nei centri delle sue chiese, nelle reti estreme delle sue missioni; ma l'aspetto e la sostanza prevalente del dominio occidentale in oriente è quello civile ed economico, dovuto particolarmente all'impero inglese che organizza e sfrutta le risorse materiali dell'intiero continente asiatico, lasciando intatte le credenze religiose, i sistemi politici, gli usi delle varie regioni.

Nel seguire il sistema dell'in differenza spirituale e sociale, per concentrare le ragioni di penetrazione e di dominio nell'elemento civile ed economico, è evidente, nell'impero britannico, l'imitazione della tattica dell'impero romano, il quale, tuttavia, si differenzia dall'impero britannico per aver fatto maggiore uso, anzi uso precedente, dello strumento bellico, mentre l'impero inglese, favorito, appunto, dalla costituzione scientifica della civiltà moderna, ha potuto prevalentemente adoperare lo strumento economico.

Certo è che nel corso di un secolo l'Europa, soprattutto attraverso l'Inghilterra, ha dominato l'Asia in forme analoghe a quelle con le quali assai più lungamente Roma esercitò il suo potere nel mondo. E dopo meno di due secoli si profila oggi, per l'Europa, una situazione storica somigliante a quella di Roma nella tarda età dell'impero.

I popoli, presso i quali essa ha portata la sua civiltà, ne hanno fatto propri, attraverso i giovani delle classi dirigenti, gli elementi essenziali, cioè l'organizzazione intellettuale, scientifica, economica, politica e militare.

Le masse sono immature alla palingenesi, ma il processo, che ha intaccato la sfera intellettuale, penetrerà fatalmente negli strati più profondi, per l'irresistibile superiorità della scienza europea. Radio, cinema, automobili, ferrovie, aviazione, ingegneria e medicina, chimica e fisica, sono argomenti più persuasivi della teologia, armi più invincibili delle scimitarre di Maometto. Ma sono anche armi che già oggi sollevano, come un potente lievito, lo sconfinato mondo asiatico, lo tolgono dal secolare torpore, lo incitano a nuova vita e potranno domani erigerlo contro di noi, facendogli adoperare, contro l'occidente, la medesima potenza creata dal genio europeo.

Ma se il grandioso processo del risveglio asiatico si manifesta attraverso l'aspetto scientifico-materiale della civiltà europea che l'ha suscitato, l'apparenza non deve ingannarci. La scienza europea non è se non il risultato della teologia europea, vale a dire del Cristianesimo, e ciò, nonostante il dissidio e l'antitesi che, dal Rinascimento in poi, ha diviso la fede dalla scienza.

Tale dissidio è superficiale. In realtà, nessuna religione, dal Cristianesimo in fuori, avrebbe potuto creare l'atmosfera necessaria per dar vita ai grandi inventori e scopritori dell'età moderna, in quanto la concezione del Vangelo e della teologia cristiana è profondamente dinamica, rivolta, non a separare la terra dal cielo, il visibile dall'invisibile, ma a coordinare le due realtà dell'universo, attraverso la concezione del Dio-Uomo. Ora il quesito che ci dobbiamo porre nei rapporti col mondo asiatico è appunto quello di chiederci se la civiltà scientifica europea, la quale non è se non la logica e fatale derivazione della religione europea, potrà essere accolta dal mondo asiatico senza poi costringere questo in un secondo tempo, a risalire anche alle origini teologiche. In altre parole, la scienza europea potrà conciliarsi coi principn dell'induismo, del buddismo, del maomettanesimo e delle altre religioni asiatiche, o dovrà trasformare, più o meno lentamente e insensibilmente, anche quelle teologie, cioè anche il pensiero spirituale, filosofico, letterario?

Problema formidabile che in una visione politica mondiale non deve essere trascurato, soprattutto dall'Italia la quale, mentre è stata la culla di quella scienza che trionfa oggi nel mondo asiatico, è anche la sede della pia antica e più vasta organizzazione religiosa del Cristianesimo.

Certo è che di fronte allo straordinario sviluppo, facilmente prevedibile, del risveglio asiatico, nessuna nazione, più della nostra, ha il dovere di considerare il riposto legame della civiltà materiale col pensiero spirituale, del mondo delle macchine col mondo delle idee, perchè in un lontano domani il processo del contatto euro-asiatico, che oggi è fondamentalmente materiale, potrebbe trasfigurarsi in un processo ideale, nel quale il principio religioso potrebbe nuovamente, come nelle trascorse età, costituire il segnacolo in vessillo di un movimento di civiltà continentale.

A questa luce ideale, a questi valori spirituali, contenuti oggi in potenza, ma che potrebbero domani tradursi in un volere concreto decisivo, anche dal punto di vista politico ed economico, l'Italia deve tenere rivolte le sue direttive, cominciando, innanzi tutto, col rivendicare il primato storico dell'Europa e di Roma. Chi scorre i testi, anche scolastici, dell'erudizione europea del secolo XIX sa che era ormai divenuta luogo comune e indiscusso l'affermazione che l'Asia era stata la culla della civiltà del mondo. Le rivelazioni dei primi studiosi inglesi dell'India avevano circonfuso di un'aura leggendaria i « nobili Aria padri», si favoleggiava anche di non so quali antichità preistoriche della civiltà cinese, e l'europeo, insomma, si era adattato all'idea di apparire come il giovine ultimo venuto nella storia del mondo. I successivi progressi dell'archeologia e della filologica hanno modificato profondamente quelle teorie. Le scoperte nel campo dell'egittologia, gli scavi cretesi, l'approfondimento degli studi etruschi ed italioti, le rivelazioni delle scienze archeologiche sull'America pre-colombiana, la riabilitazione degli studi intorno all'Atlantide, rendono l ipotesi delle origini occidentali della civiltà, o quanto meno della loro autonomia, non meno legittima dell'altra, e ci consentono, ormai, di tracciare le linee di una tradizione occidentale, di un sistema occidentale, non meno remoto, non meno nobile, non meno preciso di quello orientale. E ci permettono di profilare il Cristianesimo come una dottrina religiosa che, non senza ragione, doveva trovare il suo centro di affermazione e di irradiazione nel Mediterraneo, in quanto essa era la sintesi di una sapienza occidentale le cui origini ci appaiono confuse con quelle medesime della civiltà umana ed elaborate, forse, in un continente scomparso, del quale i cronologi egiziani serbarono una misteriosa ricordanza.

Mentre gli asiatici accusano di materialismo la civiltà d'occidente, pur subendola e imitandola, spetta a noi rivendicare l'antica spiritualità della quale codesto materialismo è maschera e strumento; spetta a noi determinare le fonti dell'antica sapienza d'occidente, di coordinarle e compararle alla sapienza orientale per rivelarne le differenze, per rivendicarne i valori, nella eventualità di un momento storico nel quale la coscienza di tali valori possa costituire la prova del fuoco di una civiltà nei confronti di un'altra.

Tanto più appare doveroso questo atteggiamento, quanto più non mancano in Europa, non esclusa l'Italia, studiosi dell'Asia, i quali, sedotti dalla disciplina alla quale si sono consacrati, non esitano a parlarci di una superiorità non soltanto dell'Asia sull'Europa, in senso generale, ma dell'attuale mentalità indiana o cinese nei confronti di quella inglese o italiana, e a contrapporre, nella migliore delle ipotesi, la spiritualità asiatica al materialismo europeo.

A taluni di questi studiosi sarebbe forse utile confessare che molte delle fatiche che essi consacrano all'esplorazione e alla scoperta dell'Asia sarebbero altrettanto bene spese, se dedicate all'esplorazione e alla scoperta dell'Europa.

C'è un'Europa da scoprire: questo il monito che dovrebbe essere fatto proprio particolarmente dall'Italia; forse, l'Italia, costituisce l'enigma dell'Europa, la misteriosa patria di Giano bifronte, che con due volti guarda simultaneamente l'occidente e l'oriente; e può forse comprenderli entrambi, e coordinarli. Da Roma l'occidente esercita ancora il suo influsso positivo e l'oriente depone le onde placate del suo panteismo indefinito, fatalista e mostruoso.