di Benito Mussolini
Signor Presidente!
Voglio dirvi in primo luogo che avete fatto un discorso bello, perché breve e perché conteneva tutto quello che doveva dire. Non ho bisogno di dirvi che vi sono grato delle espressioni che voi avete pronunciato a mio riguardo. Voglio aggiungere che la cerimonia odierna è importante, non dirò storica, perché si è un po' abusato di questo vocabolo, ma importante, perché dopo mezzo secolo di unità ecco Roma, che come capitale della Nazione, conquista il suo diritto, che è di portare a sé tutto quello che ha carattere nazionale. Evidentemente una volta ciò era difficile, oggi è facile, oggi si può portare la Società degli Autori a Roma, come si può portare a Roma la facoltà unica di emissione senza che sorgano proteste o lagnanze o rammarichi.
Le conclusioni sono due:
1°) che Roma comincia ad esercitare il suo diritto di capitale;
2°) che il popolo italiano è perfettamente convinto che così deve essere e che così sarà per il futuro.
È molto simpatico che le città che vengono in qualche modo mutilate siano le prime a dirsi soddisfatte e che riconoscano l'inevitabilità di questi fatti compiuti. Roma ha magnifici palazzi - come questo per esempio - che possono ospitare o ospiteranno istituzioni a carattere nazionale.
Il Governo che ho l'onore di dirigere ha dimostrato in modo concreto la sua simpatia verso gli scrittori e con la legge sui diritti d'autore, fatta in un mese dopo trent'anni di attesa, e con altre provvidenze, sulle quali è inutile fare lunghi discorsi.
Quale deve essere la missione degli scrittori italiani nel periodo storico che attraversiamo?
È evidente che io taglio fuori dalla famiglia degli scrittori italiani, esilio dalla Repubblica delle lettere tutti coloro che fanno del' mercantilismo puro e semplice e che non sono ispirati da ragioni d'ordine superiore spirituale. Anche qui vi sono delle gerarchie da stabilire, vi sono dei valori da difendere. Non si può mettere tutti allo stesso livello. L'eguaglianza è antinaturale e antistorica.
Il vostro cómpito, il cómpito di coloro che creano? Bisogna che tutti gli scrittori italiani, all'interno e soprattutto all'estero, siano i portatori del nuovo tipo di civiltà italiana.
Spetta agli scrittori di fare quello che si può chiamare imperialismo spirituale nei teatri, nei libri, nei trattati, nelle conferenze, far conoscere l'Italia, non soltanto in quello che essa ha di grande, non soltanto nel passato, perché non dobbiamo fermarci al passato. Bisogna produrre qualche cosa di nuovo che abbia il sigillo inconfondíbile del nostro tempo. Portare all'estero la conoscenza della nuova Italia, così come l'ha fatta la guerra e come la sta facendo la rivoluzione fascista.
Se io getto il colpo d'occhio nel panorama universale trovo che siamo ai primi passi e forse, in qualche cosa, stiamo perdendo terreno. Lo Stato può far molto, ma anche gli autori debbono essere animati da un grande spirito di iniziativa. Si facciano conoscere, se è necessario si impongano. Vi sono in Europa e nel mondo molti popoli che sono ancora in uno stadio non molto elevato di civiltà, che non possono vantare i millenni della nostra storia. Dobbiamo noi essere i loro educatori, dobbiamo noi conquistarli col fascino della nostra creazione spirituale. Questo aiuterà molto anche la politica. Il libro ha qualche volta il valore di una ambasciata; qualche volta il successo di un'opera teatrale all'estero ha un grande valore, forse superiore a quello di un discorso politico. Perché? Perché sono queste le forme che vanno alle grandi masse, a milioni e milioni di individui, che toccano il profondo cuore di una vasta massa di popolo e fanno conoscere l'Italia.
Voi avete l'obbligo di adempiere a questo cómpito. E come gli scrittori del Risorgimento fecero conoscere i dolori, la schiavitù e le speranze dell'Italia, così gli scrittori del dopoguerra e del Fascismo debbono far conoscere questa nostra Italia in tutte le manifestazioni delle sue attività e multiforme vita. Son sicuro che voi assolverete nobilmente questa missione e in questa certezza vi prego di gradire il mio augurio e il mio fraterno saluto.