Wednesday, 7 March 2012

Disertore della storia

(Pubblicato in « Corrispondenza Repubblicana », 16 ottobre 1943)

di Benito Mussolini

Nel maggio 1940, alla vigilia dell'intervento italiano in guerra a fianco della Germania contro l'Inghilterra e la Francia, cosi scriveva:
« L'ora delle grandi decisioni si avvicina. 
Noi che dobbiamo l'unità della Patria all'atto di suprema audacia del piccolo Piemonte, che osò nel 1848 dichiarare la guerra al grande impero austroungarico, non possiamo ora disertare la storia. 
I recenti avvenimenti, come già quelli della conquista dell'impero, dimostrano l'importanza capitale che l'aviazione ha assunto nella difesa della Patria. Aumentate, quindi, operai, il vostro rendimento! Date ali salde, veloci, sicure, che saranno guidate con cuore ardente e generoso! ».
Così scriveva non Mussolini, come si potrebbe supporre, bensi il maresciallo Badoglio, che oggi, dopo quaranta mesi di guerra in fraternità d'armi italo-tedesca, e dopo uno svergognatissimo armistizio separato, precipitato in capitolazione assoluta, passa al nemico insieme all'ex-re, e dichiara la guerra alla Germania.

La lettera dalla quale abbiamo riprodotto il sentenzioso fervorino per le fabbricazioni di guerra era indirizzata ad un industriale italiano col quale il maresciallo era in rapporti di interesse come capitalista, ma costituiva una importante ed impegnativa manifestazione di pensiero, poiché allora il maresciallo Badoglio era capo di Stato Maggiore generale delle Forze Armate del Regno d'Italia.

Di Badoglio dunque è il fiero richiamo all'esempio del piccolo Piemonte che nel 1848 osò cimentarsi col potente impero danubiano. Di Badoglio è il giusto raccordo fra quell'esempio glorioso e la situazione dell'Italia nel 1940.

Infatti, se ad onta della sproporzione di forze, il piccolo Piemonte non avesse osato affrontare la potenza imperiale degli Absburgo, non sarebbe stato possibile gettar le basi di una Italia unita e indipendente; e se il Regno d'Italia nel 1940 avesse lasciato trascorrere invano l'occasione offerta dalla guerra, che impegnava duramente la Francia e l'Inghilterra contro la riarmata Germania, e non si fosse schierato contro le due potenze plutocratiche, avrebbe rinunziato a liberare le terre italiane ancora irredente ed i traffici del mare di cui vive, e cioè avrebbe rinunziato a compiere l'unità nazionale e l'indipendenza dell'Italia.

Quella era l'ora, la grande ora, diceva Badoglio, poiché nulla deteneva la Germania che offendesse i nostri legittimi interessi, e nulla aveva usurpato che a noi spettasse per diritto di giustizia nei rapporti internazionali; ma dall'opposta parte erano gli usurpa tori a nostro danno.

Potrà qualcuno oggi negare, anzi rinnegare, le nostre ragioni di rivendicazione di fronte alle potenze imperiali plutocratiche?

Nel 1940 erano, e tuttora sono, da liberare le italiane Alpi di Savoia, l'italiana contea di Nizza, l'italiana isola di Corsica, l'italiana isola di Malta, e la Tunisia colonizzata dagli italiani in collaborazione con i nativi, delle quali l'usurpazione francese e britannica aveva fatto altrettante posizioni strategiche puntate contro l'Italia; era, ed è tuttora da conseguire, quella indipendenza economica, che, in proclamazione solenne, l'ex-re definiva conditio sine qua non dell'indipendenza politica. Ed a tal fine bisognava aiutare la Spagna a cacciare gli inglesi da Gibilterra spagnola, ed aiutare l'Egitto a cacciarli da Suez egiziana, aprendo cosi quegli accessi del Mediterraneo con l'Atlantico e con l'Oceano Indiano, la cui usurpazione aveva permesso alla plutocrazia imperiale britannica di controllare con vessatorie prepotenze i nostri traffici, e di rendere inefficace la nostra colonizzazione in Africa Orientale per l'economia italiana.

Di Badoglio era il giudizio della necessità dell'intervento italiano in quella grande ora, perché non potevamo « disertare la storia ». E per non disertare la storia, come capo di Stato Maggiore generale del1e Forze Armate del Regno d'Italia, aveva partecipato alle consultazioni ed alle trattative per la stipulazione del Patto di alleanza politica e militare fra l'Italia e la Germania.

I fatti dimostrarono poi che egli non aveva saputo o non aveva voluto armare le Forze Armate del Regno d'Italia, e non sapeva o non voleva dirigerne le operazioni, come avrebbe dovuto, per trarre dal valore combattivo degli italiani e dalla convergenza di scopi bellici con gli alleati, il massimo profitto guerriero, onde mettere la nostra partecipazione al grande cimento su basi ben diverse da quelle sciagurate nelle quali le lasciò quando venne sostituito. Dopo di che, Badoglio cambiò pensiero e pelle per « tradire la storia ».

Ora si comprende che dovette svolgere lunga ed accurata preparazione per effettuare nel luglio 1943 il colpo di Stato, che doveva servire da passerella alla imbelle capitolazione, come premessa a rovesciamento di fronte. Appena fuggito fra i nemici, ha radiotrasmesso l'ordine di passare all'attacco contro i tedeschi, poiché nelle condizioni della capitolazione ha preso impegno di cacciare i tedeschi dai porti ed aereoporti e dalle posizioni ove li aveva chiamati per combattere al nostro fianco. Ha perfino comandato ai reparti italiani nella Venezia Giulia di unirsi alle bande serbe per la riconquista jugoslava di Gorizia, di Trieste e dell'Istria!

Ma il tradimento non gli pareva sufficientemente completo se non faceva la dichiarazione di guerra che scatena la guerra civile contro gli italiani non disposti a « disertare la storia ».

Dicono che a fare il versipelle Badoglio abbia imparato in massoneria. Può darsi; ma anche per il versipellismo c'è un limite di ignominia che non va oltre il massimo obbrobrio. Badoglio lo sorpassa e va oltre.

Una sola coerenza sostanziale egli mantiene fieramente, sempre: quella déll'avidità di oro, per la quale dal Governo fascista, oggi aborrito, si fece assegnare onorari straordinari, che raggiunsero l'eccezionalità unica di un milione l'anno, vita natural durante.

Pensate con quale disprezzo debbono valutario, a peso, i già nemici odiati ai quali vuole allearsi, e che pur sono di stomaco facile per i tradimenti.

Ma è veramente troppo ributtante lo spettacolo di questo maresciallo che si genuflette in adorazione supplice dinanzi al comandante superiore delle forze anglosassoni, per implorarne una parola che si possa interpretare come apparente condiscendenza, fosse pure con disprezzo, dell'autoqualifica di nuovo alleato, nella vana speranza di poter cancellare in tal modo il marchio infame di ex-combattente arreso a totale discrezione.