Sunday 4 March 2012

Discorso di Treviso, 21 settembre 1938


di Benito Mussolini

Camerati!

Con questa mia troppo breve sosta nella vostra fierissima terra, si compie la prima fase del mio viaggio tra le genti delle Venezie. (La folla grida lungamente: « Ritorna! Ritorna! »).

Da questa città e da questa terra che ebbe l'orgoglio di vedere nuovamente le armate italiane raggiungere una delle più grandi vittorie che la storia del mondo ricordi, desidero invitare tutti gli Italiani che in questo momento mi ascoltano, a compiere, non soltanto nella ricorrenza del ventennale della Vittoria, un pellegrinaggio dalle rive del Piave ai costoni del Carso.

Essi vi troveranno in primo luogo i monumenti che noi abbiamo dedicato alla memoria dei nostri Caduti, monumenti che hanno un'architettura gigantesca. Le gloriose madri dei nostri eroi potranno vedere i nomi dei loro caduti, dei loro cari, incisi in un metallo che sfiderà i secoli.

Poi vedranno ciò che l'Italia ha fatto in un ventennio nelle terre redente. Ferve un vigore di vita in quelle terre: a Trieste a Gorizia; officine, cantieri, stabilimenti, centrali elettriche uniche al mondo; e inoltre vedranno che le popolazioni alloglotte, piccole frange della grande massa slava, venute al di qua dei monti in altri tempi, hanno dimostrato con le loro spontanee manifestazioni di essere pienamente partecipi alla vita della Nazione italiana.

Nessuno ha spinto sul mio passaggio le popolazioni alloglotte della valle dell'Isonzo. Un battaglione di Camicie Nere, composto totalmente di alloglotti, ha sfilato dinanzi a me a Trieste in Piazza dell'Unità in un modo semplicemente superbo. (Si grida: « Viva il Duce! »). Queste popolazioni sentono l'orgoglio di partecipare alla nostra vita nazionale e imperiale, ragione per cui si può osservare a taluni acidi e malevoli polemicai d'oltr'Alpe, che per risolvere taluni problemi occorrono particolari circostanze storiche e occorre, soprattutto, che tali problemi abbiano determinate proporzioni. Se oggi la Cecoslovacchia si trova in un momento che si potrebbe chiamare delicato, gli è perché non era semplicemente — ormai si può dire « era » — Cecoslovacchia, ma Cecotedesco-polacco-magiaro-ruteno-romeno-Slovacchia.

Ora insisto perché dal momento che si affronta questo problema lo si risolva in modo integrale.

In questo momento il, Primo Ministro britannico, che ha preso l'iniziativa politica, sta pilotando la navicella verso il porto della pace.

Secondo un telegramma dell'agenzia ufficiale francese, il Governo ceco, dopo un'intera notte di consultazioni, ha accettato stamane la proposta franco-britannica formulata nella riunione di Londra.

Tutti gli stranieri obbiettivi hanno dovuto constatare — forse a malincuore — che di tutti i popoli dell'Europa il popolo che è rimasto più tranquillo dinanzi a questa crisi è stato l'italiano. Ciò è dovuto alla Rivoluzione fascista, (grida: « Al Duce! Al Duce! ») che ha finalmente fatto gli italiani. Oggi non ci sono più Italiani di ponente o di levante, del continente o delle isole: ci sono soltanto degli Italiani. Degli Italiani, che sotto i segni del Littorio, sono sempre pronti a combattere e a vincere.